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La distanza sempre la stessa

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Note critiche a La distanza è sempre la stessa di Ninnj Di Stefano Busà

a cura di Floriano Romboli

Cara e gentilissima professoressa Di Stefano Busà, la ringrazio ancora per il cortese invio delle sue ultime pubblicazioni e le sono grato per la stima che mi dimostra e che ritengo davvero superiore ai miei meriti.
Ho letto i libri con l’attenzione dovuta al suo impegno letterario tanto rigoroso e diuturno e non esito a esprimerle un vivo apprezzamento per un lavoro poetico di cui mi preme mettere in risalto innanzitutto la non dispersività, o meglio le doti di organicità e di spiccata coerenza che lo caratterizzano.
Infatti, rileggendo, qualsiasi lirica si rivela tessera preziosa di un mosaico – cioè di un universo di pensiero – ove felicemente tout se tient.
Nei versi mi sembra dominante l’idea che la realtà oggettiva è come una crosta dura e opaca, fissata in un suo equilibrio predeterminato e soverchiante, “in un gorgogliare/ di vuoti, di assenze”(La distanza è sempre la stessa, p.18), e la voce della poesia risulta infine un “qualche nulla che è uguale/ ad altro nulla e vince sempre/ il buio dopo la luce” (La traiettoria del vento, p.18).
A ben vedere però la sensibilità dell’autrice focalizza l’ambivalenza insita nell’ordine delle cose, il suo profilo costituzionalmente contraddittorio che appare evidente allorché si ascolti ciò che vibra, si agita, si accende sotto la superficie anonima, spenta, impersonale: è il complesso dei fremiti, degli slanci, delle irrequietudini soggettive che si palesano in una dimensione di attimalità creativa, in situazioni in cui la coscienza, ma anche la fisicità individuali rivendicano autonomia e un valore peculiare.
Considero significativi al proposito questi versi de La distanza…(p.34) :

“Un corpo è sempre un corpo,
anche nel sorriso che esprime il possesso,
l’alterità di un sogno che vi cresce dentro,
quando con naturalezza ci attraversa
veloce un altro sangue,
e rifiorisce nelle vene il senso del mondo,
nudo e segreto.”

Un discorso artistico-letterario teso a sottolineare ed esplorare la contraddittorietà del vivere – la tensione intima ad un “altrove” (“Effusioni d’aria, sobbalzi corporali”, La distanza…,p.35) e il suo doloroso ricadere, il suo annullarsi, soffocata – predilige una formalizzazione dei contenuti etico-intellettuali tramite la figura unificante dell’antitesi.
Le antitesi invero costellano i testi, e vorrei segnalare specificamente quella fra buio e luce, interessante non solo per la frequenza quantitativa, bensì soprattutto per la valenza qualitativa e pregnante nell’àmbito dell’ipotesi interpretativa in precedenza suggerita.
Mi permetto, a titolo puramente indicativo, una citazione da La traiettoria…:

“Resta solo un alone
nel cono d’ombra delle lune,
un’erba sfaglia
dove sorge stupito un altro giorno
e un’iride scintilla, ride con la riva (…)
Non resta che un campo
di maggese, un segnale fiammante,
che non cede… (p.100) ;

e due da La distanza…:

Ogni cosa si attorce al suo stesso male,
come falena brucia alla sua fiamma
tutto depreda il fuoco e la sua vampa,
perché dal nulla l’anima si oscura (p.17) ;
********
Batte sulle inferriate la vita,
non accetta il pronostico del dolore,
semplicemente si apre su di esso
come una melagrana nel buio,
genuflette lumi sull’abetaia … (p.30)

L’ultimo brano menzionato presenta altresì l’antitesi libertà/ coazione e altre (vuoto/ pieno, essere/ nulla) si potrebbero segnalare, analizzando diffusamente entrambe le sillogi.
In conclusione penso che la sua poesia sappia esprimere con efficacia, grazie alla notevole sapienza compositiva, all’incisività stilistico-formale che la contraddistinguono, lo spessore concettuale di una posizione culturale sofferta e meditata.
Floriano Romboli

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